Il Kakapo: il parrocchetto notturno neozelandese a rischio di estinzione
Una specie unica nel suo genere
Il kākāpō è il pappagallo più pesante esistente: i maschi superano i 2 kg, mentre le
femmine ne pesano circa 1,4 kg. La sua impossibilità di volare è
compensata da possenti zampe che gli permettono di arrampicarsi sugli alberi e planare
goffamente verso terra. La faccia appiattita e contornata di penne rigide ricorda quella
di un gufo, caratteristica che gli è valsa il soprannome di “parrocchetto gufo”.
A differenza di altri pappagalli, il kākāpō adotta un sistema riproduttivo a lek: i maschi
scavano depressioni nel terreno e vi emettono richiami profondi che riecheggiano per
chilometri durante la stagione degli accoppiamenti.
Dalla terraferma alle isole santuario
Prima dell’arrivo degli esseri umani, il kākāpō era diffuso su gran parte delle due isole
principali neozelandesi. L’introduzione di predatori come ratti, ermellini e gatti ha però
decimato la popolazione nel giro di poche generazioni. Negli anni ’90, per salvare gli
ultimi 51 individui, i biologi li trasferirono su isole disabitate, prive di mammiferi
invasivi. Oggi la specie vive principalmente a Whenua Hou (Codfish Island), Anchor Island e
Hauturu-o-Toi, dove un regime di bio-sicurezza rigoroso impedisce l’ingresso di predatori.
Il recente spostamento di quattro maschi su Coal Island nel Fiordland testimonia la ricerca
di nuovi habitat sicuri e idonei alla riproduzione.
Biologia e comportamento notturno
Attivo dalla sera all’alba, il kākāpō si orienta nel fitto sottobosco grazie a un acuto
senso dell’olfatto e a vibrisse sensoriali poste attorno al becco. Di giorno rimane
immobile tra la vegetazione, mimetizzato dal piumaggio verde screziato. La dieta varia a
seconda della stagione: frutti di rimu, bacche di miro, radici e polline.
Proprio la mast-seeding (fruttificazione massiccia) degli alberi di rimu determina
la frequenza degli eventi riproduttivi, che possono verificarsi solo ogni due-quattro anni.
Grazie a un metabolismo lento, l’aspettativa di vita supera spesso i 60 anni e,
secondo alcuni studi, può avvicinarsi ai 90.
Minacce e cause del declino
Le principali minacce per il kākāpō derivano da predazione e perdita di habitat. I suoi
predatori naturali, prima dell’arrivo dell’uomo, erano rapaci diurni incapaci di cacciarlo
di notte. Con l’introduzione di mammiferi notturni, l’uccello si è trovato improvvisamente
vulnerabile: la strategia di “immobilità difensiva”, efficace contro raptor, risulta
inefficace contro i mammiferi odorosi. A ciò si aggiungono problemi genetici: la forte
riduzione demografica degli ultimi secoli ha provocato inbreeding e rischio di perdita
della diversità genetica, tema cruciale per la sopravvivenza a lungo termine della specie.
Programmi di recupero e gestione
Il “Kākāpō Recovery Programme” del Department of Conservation (DOC) monitora ogni individuo
tramite radio-collare e trasmettitore GPS. Durante la stagione riproduttiva, i nidi vengono
controllati quotidianamente; se necessario, i pulcini sono allevati a mano e poi
re-introdotti. L’alimentazione supplementare a base di pellet iper-nutritivi consente alle
femmine di raggiungere la condizione corporea ideale per la deposizione delle uova.
Tecniche di inseminazione artificiale aiutano a mantenere variabilità genetica,
mentre biologi e bioinformatici analizzano il DNA per identificare gli accoppiamenti più
promettenti. Grazie a questi interventi, la popolazione è passata da 51 individui nel 1995
ai 242 censiti nel marzo 2025.
Il ruolo della comunità globale
Il successo del kākāpō dipende non solo dai biologi neozelandesi, ma anche da una rete
internazionale di partner: zoologi, università, zoo con programmi di scambio genetico e
piattaforme di citizen-science che raccolgono fondi e dati. Personaggi celebri come
“Sirocco”, il kākāpō nominato ambasciatore della conservazione, hanno trasformato un oscuro
pappagallo notturno in un’icona virale, sensibilizzando milioni di persone sul tema della
perdita di biodiversità. Ogni donazione al DOC o alle ONG partner si
traduce in più telemetria, più cibo supplementare e più ricerca.
In un mondo dove il tasso di estinzione accelera, la storia del kākāpō dimostra che una
strategia di conservazione olistica — combinando scienza, tecnologia e coinvolgimento
pubblico — può invertire il destino di una specie sull’orlo del baratro. Proteggere il
kākāpō significa preservare un pezzo di storia evolutiva unica, ma anche rafforzare l’idea
che la tutela della natura richiede responsabilità condivise. La sfida è aperta: la
sopravvivenza del “parrocchetto notturno” dipenderà dagli sforzi che sapremo mettere in
campo oggi e negli anni a venire.